Presentazione
Il Codice digitale degli archivi veronesi intende rendere disponibili on line le riproduzioni della documentazione notarile, compresa tra VIII e XII secolo, prodotta o conservata da enti veronesi.
Il progetto
Il progetto del Codice è nato formalmente nel 2013 da una collaborazione tra Reti Medievali, il dipartimento TESIS dell’Università di Verona, il Centro di Documentazione per la Storia della Valpolicella e, tramite una convenzione, l’Archivio di Stato di Verona relativamente alla diffusione delle riproduzioni dei fondi qui conservati.
L’idea di questa edizione ha iniziato in realtà a prendere corpo nel 2007, nell’ambito del Dottorato in Scienze storiche e antropologiche dell’Università di Verona. Il progetto di ricerca proposto in quella sede da chi scrive, basandosi sull’analisi di alcuni specifici aspetti del linguaggio e degli schemi dei notai attivi nel territorio veronese entro il XII secolo, necessitava che si procedesse a un esame sistematico della documentazione prodotta per quest’ambito territoriale. Invece di puntare alla sola schedatura dei dati – anche per la necessità di effettuare riscontri incrociati su diversi aspetti dei documenti, sia intrinseci sia estrinseci, e in diverse fasi del lavoro – si è proposto ai diversi enti di conservazione di realizzare una riproduzione fotografica della documentazione. Inizialmente sono stati dunque schedati i documenti in originale o in copia semplice o autentica – escludendo le copie di età moderna dovute in particolare ad attività erudita – conservati negli archivi veronesi e rispondenti ai limiti cronologici del progetto; in seconda battuta sono iniziate le operazioni di riproduzione digitale, a cui è seguito l’ordinamento dei file e la loro elaborazione.
I risultati di quello studio, diffusi in una limitata edizione[1], si accompagnavano a due volumi di appendici relative specificamente alla documentazione utilizzata: erano qui messi a disposizione un’anagrafe dei notai, con schede analitiche per quelli attivi entro la prima metà del XII secolo, e un repertorio cronologico della documentazione dei secoli VIII-XII prodotta – nel lato senso archivistico – da enti o famiglie veronesi. Il Codice digitale, con l’accesso alla riproduzione dei documenti, costituisce un’ideale terza appendice di quel lavoro.
Pur originando da un progetto specifico, si è ritenuto che la diffusione del materiale così predisposto potesse aprire significative prospettive per lo studio del primo medioevo veronese e più in generale della diplomatica e della storia nel notariato; inoltre che potesse al contempo contribuire alla tutela di una documentazione assai delicata, fornendo agli studiosi un utile strumento per una consultazione indiretta, nella maggior parte dei casi comunque rispondente alle loro esigenze.
Si tratta, d’altronde, di un percorso di digitalizzazione che nell’ultimo decennio è stato attivato con alcuni progetti da parte degli Archivi di Stato[2]: per questo si devono sicuramente indicare i progetti Divenire[3] dell’Archivio di Stato di Venezia il Mediceo avanti il Principato[4] e il Diplomatico[5] dell’Archivio di Stato di Firenze. Ma la presente edizione in parte se ne differenzia, in ragione proprio della sua struttura originata da un’esigenza legata a una specifica ricerca storica per la quale risultava eccessivo rendere conto compiutamente e nel dettaglio dei contesti archivistici e dei relativi strumenti di accesso. Nondimeno, proprio perché sia l’ambito archivistico – inteso anche nelle sue vicende storiche – sia il riferimento agli enti produttori e conservatori erano dati necessari alla formulazione di ipotesi di ricerca in ordine a una comprensione generale della geografia delle fonti, la soluzione più efficace ed economica è sembrata quella di conformare l’organizzazione di questa edizione all’attuale “geografia” archivistica, cercando di fornire comunque anche i dati essenziali per la ricostruzione delle vicende generali dei singoli archivi e degli enti produttori[6].
Il Codice digitale degli archivi veronesi: contenuti attuali e possibili contenuti futuri
In questa fase iniziale, esso permette di consultare le riproduzioni delle serie pergamenacee conservate all’Archivio di Stato di Verona. In attesa – e nella speranza – di potervi comprendere le riproduzioni della documentazione di altri archivi, è stata comunque realizzata una scheda per ciascun fondo prodotto da enti e persone di ambito veronese e contenente documentazione compresa entro il XII secolo[7]. Gli archivi vengono illustrati attraverso brevi note sulle vicende istituzionali degli enti produttori per quanto attiene ai riflessi propriamente archivistici, con rimandi agli strumenti di ricerca esistenti e alla bibliografia essenziale.
A queste schede sono subordinate quelle relative alle serie archivistiche in cui si trovano le unità comprese negli estremi cronologici del progetto, per le quali sono indicati gli elementi identificativi e i link alle riproduzioni. Per la consultazione viene riproposto l’ordinamento attuale di ciascun fondo: fanno eccezione i documenti trascritti nei registri del Clero intrinseco, dove si sono estrapolati quelli anteriori al XIII secolo e per i quali viene proposto un ordinamento cronologico. In ogni caso, di questi registri è messa a disposizione una tabella finale da cui è possibile accedere a tutte le carte nell’attuale ordine di rilegatura.
Nel prossimo futuro, come si diceva, si auspica di poter allargare l’operazione di diffusione on line alle riproduzioni di altri archivi: in particolare all’Archivio Capitolare di Verona (di cui si è comunque già acquisita digitalmente tutta la documentazione per i secoli VIII-XI e per parte del XII) e agli archivi di San Giorgio in Braida e San Pietro in Castello nel Fondo Veneto I all’Archivio segreto vaticano, le cui riproduzioni digitali sono già in possesso del dipartimento TESIS.
Oltre ai documenti in originale o in copia semplice o autentica, l’intenzione sarebbe anche quella di estendere il lavoro a quanto esistente nelle diverse trascrizioni edite e inedite di età moderna, legate soprattutto all’attività di ricerca erudita. Tra le prime di particolare significato sono il Codex diplomaticus veronensis del canonico Gian Giacomo Dionisi[8], le schede di Ludovico Perini relative alla storia di singole istituzioni religiose conservate nella Biblioteca Civica (suddivise per ente)[9] e le Memorie istoriche del Capitolo canonicale di Iacopo Muselli (per l’Archivio capitolare)[10]. Ma a queste trascrizioni se ne possono aggiungere molte altre, come quelle del canonico Giovanni Battista Bianchini oltre che di Scipione Maffei, di Adamo Fumano e altre sparse in diversi manoscritti conservati in particolare alla Biblioteca Capitolare[11]. Per quanto riguarda le edizioni a stampa possono comprendere appendici documentarie di particolare rilievo (come in alcune monografie di Gian Giacomo Dionisi)[12], singoli documenti all’interno di opere monografiche[13] o edizioni vere e proprie. Si capisce bene come tali trascrizioni, edite e inedite, siano importanti per la segnalazione di documenti scomparsi o per le integrazioni nella lettura di quelli ora in parte o del tutto illeggibili. L’inserimento di tali testimoni entro la struttura del Codice presenta altresì molte difficoltà, legate in particolare alle incertezze nell’attribuire parte dei documenti a uno specifico ente, che potrebbero comunque essere risolte dedicandovi delle specifiche sezioni, eventualmente collegate con le schede relative ai documenti originali.
A queste trascrizioni sarebbe auspicabile aggiungere anche alcuni strumenti di consultazione prodotti in occasione dei riordini archivistici, come il registro di riscontro di Alessandro Canobbio per le pergamene dell’Archivio capitolare[14] (e sempre per questo gli schedari Turrini di corrispondenza tra collocazione Canobbio e quella attuale) e le schede di regesto compilate da Gaetano Da Re per gli Antichi archivi veronesi, che coprono gran parte dei documenti anteriori al XII secolo presenti nell’Archivio di Stato di Verona[15].
La struttura del Codice
Dai dati raccolti per una specifica ricerca trae dunque origine il Codice digitale degli archivi veronesi; ma già nella sua struttura originaria esso è stato pensato per una possibile distribuzione in rete. La soluzione più pratica ed efficace di organizzazione per l’immediato è sembrata quella di rispettare fedelmente la struttura dei singoli fondi archivistici, così come si presentano allo stato attuale. Si tratta di una “fotografia” che potrà in futuro essere implementata con la creazione di strumenti di interrogazione dinamica che permettano innanzitutto la restituzione dei complessi di documenti in relazione agli enti produttori originari oltre che con il rimando – se non il collegamento – alle eventuali edizioni esistenti. In questa direzione si potrà anche lavorare per un’integrazione entro i progetti nazionali di digitalizzazione[16], in particolare nell’affinamento di quanto debba rispondere a precisi standard[17], mentre allo stato attuale la struttura è definita dai limiti connaturati all’originaria destinazione del lavoro, a cui è stato informato sia l’arbitrario intervallo cronologico sia il livello di descrizione degli archivi e degli enti produttori.
In calce a ciascuna unità archivistica sono riportati alcuni elementi identificativi. Si precisa che tali dati hanno appunto questa mera finalità, riferibili – nell’ordine – a eventuali edizioni affermate, a strumenti di consultazione degli stessi archivi, ad attergati e, in assenza di questi, agli elementi contenuti nel documento stesso; nel caso di discrepanze tra i dati queste sono segnalate nel campo note. Gli elementi identificativi sono: Data cronica; Notaio; Copia (nel caso non si tratti dell’originale, con indicazione del notaio copista e/o della data o secolo in cui è stata realizzata); Antica collocazione; Principali edizioni o trascrizioni; Note. Grazie a tali dati sono possibili già ora efficaci ricerche attraverso la casella posta in alto a destra dell’intestazione. Per i dettagli si rimanda alla pagina della Guida alla consultazione e ricerca.
A eccezione di alcuni tra i già menzionati fondi che sono pervenuti all’Archivio di Stato di Verona negli anni Sessanta del secolo scorso[18] (e con alcune particolarità per l’Archivio del Capitolo dei canonici), le serie pergamenacee sono solitamente organizzate per ordine cronologico a cui corrisponde una numerazione progressiva. È un modello realizzato per il Veronese tra XIX e XX secolo nell’ambito degli Antichi archivi veronesi annessi alla Biblioteca Civica di Verona sotto la guida di Antonio Bertoldi – ma per mano di Gaetano Da Re – e poi di Vittorio Fainelli[19]. Talvolta entro lo stesso fondo può essere distinta dalla serie delle pergamene quella riservata ai diplomi e in qualche caso vi sono anche alcune appendici (denominate Pergamene appendice; Pergamene appendice* e similari), talvolta di una certa consistenza. Non è però chiaro quale sia la ragione di queste appendici: se siano state create in fase di riordino per la collocazione di pergamene identificate in un secondo momento o se rimandino a originarie suddivisioni interne. È da tenere presente che gli inventari dei fondi provenienti dagli Antichi archivi veronesi sembrano essere stati in parte realizzati, nel momento di passaggio all’Archivio di Stato, non su un riscontro diretto della documentazione ma attraverso alcuni strumenti prodotti in questa sede tra XIX e XX secolo. Si tratta però di strumenti che erano volti spesso a identificare gli atti documentati a fini di ricerca storica e non le unità archivistiche (le singole pergamene, nel nostro caso). Questo comporta che, nel trasferimento di questi dati agli inventari, possano essere stati assegnati più numeri a una medesima pergamena (in quanto contenente più atti) o, al contrario, che a uno stesso numero possano corrispondere più pergamene perché contenenti copie di un medesimo atto.
Anche il riordino dell’Archivio capitolare effettuato tra il 1922 e il 1939 da monsignor Giuseppe Turrini risponde a questo modello di ordinamento cronologico[20]. Qui le pergamene sono però anche distinte approssimativamente in base alle dimensioni: dalla maggiore (I) alla minore (III) a cui segue quella dei Privilegi – in originale (P). Entro queste sottoserie, le pergamene sono collocate in buste disposte su cartoni raggruppati per cartelle, cosicché esse sono identificate per formato, cartella, carta (recto e verso). Poiché sulla stessa carta possono essere disposte più pergamene, non risulta possibile un’identificazione univoca. Nel Codice si è preferito così aggiungere all’identificazione usuale un’ulteriore numerazione che segue l’ordine della collocazione delle pergamene nella singola carta (da destra a sinistra e dall’alto in basso).
A una numerazione progressiva in ordine cronologico si riferisce pure l’ordinamento dei fondi archivistici di San Giorgio in Braida e San Pietro in Castello nel Fondo Veneto I all’Archivio Segreto Vaticano, seppure sia presente un’unica numerazione che comprende entrambi; a questa ne è stata aggiunta una seconda specifica per ciascun fondo all’inizio del XX secolo da monsignor Pio Cenci nell’ambito di un generale riordino[21]. Anche se il termine di riferimento più usuale è rimasto il primo, per chiarezza si è preferito nel Codice fornire indicazioni utili a distinguere i due ambiti.
Differiscono da questo modello di ordinamento gli archivi di San Nazaro e Celso e di San Leonardo, giunti a Verona solo recentemente[22]. Entrambi conservano la struttura data in età moderna secondo un ordine topografico (con alcune serie speciali, relative all’organizzazione interna dell’istituzione religiosa) e subordinatamente cronologico. Al primo di questi archivi è stata successivamente applicata, peraltro senza che si sia messo mano all’organizzazione interna originaria, una numerazione progressiva generale alla quale si fa ora riferimento, dal momento che su questa sono basati gli strumenti di ricerca esistenti. Nel caso dell’archivio di San Leonardo le pergamene sono invece ancora identificate per località di pertinenza e all’interno di questa attraverso una numerazione progressiva che segue l’ordine cronologico (sebbene siano spesso citate in riferimento alla numerazione delle buste).
Il modello di ordinamento dell’archivio di San Leonardo in Monte è precedente a quello che risulta prevalentemente in uso a Verona ed elaborato da Alessandro Canobbio nella seconda metà del XVI secolo. Secondo quest’ultimo metodo la documentazione è suddivisa per armadio, calto (cassetto), mazzo e numero, mentre il loro reperimento è affidato a strumenti di consultazione, solitamente organizzati per ambiti topografici, in ragione degli obiettivi di controllo patrimoniale che stavano alla base di tali ordinamenti. Si tratta di uno schema che non è comunque più presente in alcun fondo veronese, obliterato dai successivi riordini su base cronologica; ne rimane solo traccia negli attergati contraddistinti dalle indicazioni di C(alto), M(azzo) e R(otolo), N(umer)o o P(ergamena).
Le risorse del Codice
È opportuno a questo punto illustrare brevemente attraverso quali risorse si sia giunti all’attuale risultato e come si auspichi di raggiungere quelli in sospeso.
Si deve innanzitutto chiarire che sono da tenere presenti due ordini di fattori: uno relativo all’accesso alla documentazione e ai permessi di riproduzione e diffusione, l’altro relativo alla realizzazione delle riproduzioni e alla strutturazione del sito e all’organizzazione dei dati per renderli disponibili on line.
Riguardo al primo aspetto, la possibilità di effettuare riproduzioni all’Archivio di Stato di Verona è stata concessa grazie al riconoscimento al progetto iniziale da parte della Direzione, nella persona della dottoressa Antonietta Folchi, del carattere di scientificità e dei vantaggi che ne sarebbero derivati per la ricerca e per la stessa conservazione dei documenti; alla successiva concessione alla diffusione on line si è quindi giunti, come si è già detto, grazie a un’apposita convenzione tra l’Archivio di Stato di Verona, Reti Medievali e il Dipartimento TESIS, seguita dalla stessa dottoressa Folchi con il contributo del responsabile della sezione di fotoriproduzione, il signor Vincenzo Giualiano, e arrivata a buon fine grazie anche all’opera di mediazione del professor Gian Maria Varanini. Si deve però ricordare come la realizzazione delle riproduzioni non avrebbe potuto aver luogo se per primo non avesse creduto alla validità del progetto, sostenendolo anche in molti aspetti pratici, il funzionario dell’archivio Isidoro Trombin. Per l’Archivio capitolare le riproduzioni sono state autorizzate dall’allora bibliotecario, monsignor Giuseppe Zivelonghi; si auspica di poter qui completare la campagna fotografica per il XII secolo e di poter poi mettere on line il tutto.
La realizzazione delle riproduzioni e la successiva elaborazione e organizzazione dell’archivio fotografico sono state effettuate da chi scrive con mezzi propri.
Il server su cui è stato strutturato il Codice è stato acquistato dal dipartimento TESIS con i fondi di ricerca del professor Gian Maria Varanini e collocato presso la Biblioteca Meneghetti della stessa Università, grazie alla disponibilità del direttore, il dottor Fabrizio Bertoli.
La predisposizione del server, l’installazione dei programmi e il loro aggiornamento (nonché la fondamentale assistenza) sono stati curati da Roberto Pasini. Il sistema operativo e tutti i programmi utilizzati sono open source: questo sia per una precisa scelta di principio sia perché questo ha permesso di contenere i costi del progetto, limitati al solo acquisto della macchina utilizzata come server.
La strutturazione del sito, l’organizzazione dei dati, la rielaborazione delle immagini per renderle compatibili con il programma di visualizzazione (IIPImage) sono state realizzate sempre da chi scrive a titolo gratuito nell’ambito della sua attività di ricerca svolta entro il Centro di Documentazione per la Storia della Valpolicella, a seguito di una specifica convenzione con il dipartimento TESIS.
Per il dettaglio delle responsabilità nella realizzazione del CDAVr si rimanda alla pagina dei Crediti.
Dati tecnici
Le riproduzioni sono state effettuate con una Nikon D100 con obiettivo Nikon 18-35D e uno stativo da riproduzione IFF con 4 portalampade. Per evitare il riscaldamento che caratterizza le tradizionali lampade utilizzate nelle riproduzione di documenti, si sono montate delle semplici lampade da 100W opaline, tarando il bianco sulla fotocamera. Per assicurare la planarità delle pergamene (in gran parte in rotolo, a eccezione di quelle dell’Archivio capitolare, che sono tutte spianate), si è utilizzata una cornice con lastra flessibile in plexiglass, avendo cura di tenere un’illuminazione radente per evitare riflessi delle lampade; questo può aver determinato una certa evidenziazione della superficie della pergamena, senza che ne sia però limitata la leggibilità. Una non perfetta calibrazione del colore in parte delle immagini è comunque possibile, non avendo potuto lavorare in condizioni stabili né ottimali quanto all’assenza di sorgenti luminose esterne.
Le successive elaborazioni per ricavarne i file in formato .tiff piramidale sono state effettuate con VIPS[23], lanciando la seguente linea di comando: vips im_vips2tiff <source_image> <output_image.tif>:none,tile:256x256,pyramid.
Su richiesta dell’Archivio di Stato di Verona, inserita anche nella convenzione, le immagini presentano la filigrana “Archivio di Stato di Verona”, realizzata, sempre su indicazione dell’Archivio, con Watermark Image[24]. Si è fatto in modo, in ogni caso, che tale intervento non limitasse la leggibilità dei testi.
Il server in uso è un Intercomp Master-R2 con processore Intel C204 e doppio hard disk da 500 GB, su cui è stato installato il sistema operativo Linux Ubuntu Server 13.04.
Il programma per la gestione del sito è Joomla 3.2.
Per la visualizzazione delle immagini – anche per rispondere alle richieste dell’Archivio di Stato di Verona, non disponibile a consentire all’utente di scaricare le singole immagini – si è optato per IIPImage[25], sistema client-server progettato per la visualizzazione remota in streaming di immagini ad altissima risoluzione attraverso Internet. L’architettura del programma permette di visualizzare immagini pesanti anche attraverso una lenta connessione dial-up[26]. Il CDAVr per ora non sfrutta pienamente questa caratteristica, dal momento che le immagini realizzate sono di medio peso (nel formato tiff piramidale circa una ventina di mp ciascuna), essendo originate da una fotocamera da 6.1 mp. Dati tali limiti della fotocomera (ma al momento della realizzazione della campagna era uno standard alto, comunque superiore ai 5 mp indicati come ottimali dall’Amministrazione archivistica)[27] si è avuta l’avvertenza in sede di ripresa di fare in modo che, rispetto alla dimensione reale dell’oggetto fotografato, la risoluzione fosse comunque di 300 dpi (approssimativamente dunque 20x30 cm a 300 dpi), fotografando pergamene di dimensioni maggiori anche per singole porzioni. La condizione ideale sarebbe stata a quel punto quella di unire tali porzioni tramite specifici software, ottenendo così dei file di adeguata risoluzione, la cui grande dimensione sarebbe stata comunque supportabile da IIPImage. L’onerosità dell’operazione ha però suggerito – per ora – di caricare sul server le immagini originali: solitamente un’immagine complessiva della pergamena a cui seguono quelle per singole porzioni.
Andrea Brugnoli
(Centro di Documentazione per la Storia della Valpolicella)
[1] A. Brugnoli, Una storia locale: l’organizzazione del territorio veronese nel medioevo. Trasformazioni della realtà e schemi notarili (IX-metà XII secolo), Verona 2010, pp. 81-84 ‹http://www.rm.unina.it/biblioteca/volumi/brugnoli/brugnoli_volume.pdf›; in particolare si segnalano le appendici del II e III volume, con l’anagrafe dei notai, la schedatura dei documenti per singolo notaio e una tabella finale di riscontro di tutta la documentazione in ordine cronologico.
[2] Se ne veda una rassegna in A. Brugnoli – S. Gardini, Fotografia digitale, beni archivistici e utenti: l’impiego e la diffusione di una nuova tecnologia nella normativa e nelle iniziative dell’amministrazione archivistica, «Archivi & Computer», 23 (2013), 1, pp. 213-256.
[3] Archivio di Stato di Venezia, Progetto Divenire, ‹http://www.archiviodistatovenezia.it/divenire/home.htm›.
[4] Archivio di Stato di Firenze, Archivi digitalizzati: Mediceo avanti il Principato, ‹http://www.archiviodistato.firenze.it/Map/›. Sul progetto si vedano gli atti del convegno I Medici in rete: ricerca e progettualità scientifica a proposito dell’archivio Mediceo avanti il principato, Firenze 19-19 settembre 2000, a cura di I. Cotta e F. Klein, Firenze 2003 ‹http://www.archiviodistato.firenze.it/nuovosito/index.php?id=87›.
[5] Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico pergamene (secc. VIII-XIV), ‹http://www.archiviodistato.firenze.it/pergasfi/›.
[6] Per bibliografia essenziale si intende appunto quella strettamente utile a comprendere le vicende di formazione dell’archivio in relazione alla storia istituzionale dell’ente produttore e ai secoli VIII-XII. Per questo sarà inutile segnalare lacune relative ad altri ambiti – né tantomeno recriminare per queste –, in particolare per quanto attiene alle vicende materiali delle chiese.
[7] Risultano prive di riproduzioni fotografiche le sezioni dedicate all’Archivio del Capitolo dei canonici della cattedrale, ai fondi di San Giorgio in Braida e San Pietro in Castello dell’Archivio segreto vaticano, e allo scomparso archivio privato Serego, di cui è rimasta solamente la trascrizione effettuata da Carlo Cipolla e recentemente edita: G.M. Varanini, Archivi ritrovati. Documenti della famiglia Serego di Verona (sec. XI-XV) nelle trascrizioni e nei regesti di Carlo Cipolla, in Medioevo. Studi e documenti, ii, a cura di A. Castagnetti, G.M. Varanini e A. Ciaralli, Verona 2007, pp. 551-582. Non si è fatta una scheda per la documentazione del priorato di San Colombano di Bardolino, costituente una serie entro l’archivio del monastero di San Colombano di Bobbio da cui dipendeva, sebbene si tratti di documenti redatti in loco e concernenti i beni gardesani. I documenti sono ora all’Archivio di Stato di Torino ed editi nelle Le carte di San Colombano di Bardolino (1134-1205), a cura di A. Piazza, Padova 1994 [Fonti per la storia della Terraferma veneta, 8].
[8] G.G. Dionisi, Codex diplomaticus veronensis, seu vetera quae in veronensis ecclesiae capitulo ut ubique per vetera habentur anecdota eaque selectiora diplomata ac monimenta per centurias distributa…, in Archivio di Stato di Verona, Dionisi Piomarta, bb. 1542-1543.
[9] Biblioteca Civica di Verona, Carteggi, bb. 22-27. Si veda L. Simeoni, Rapporti tra le opere di due eruditi veronesi. Lodovico Perini e G.B. Biancolini, «Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», LXXXVIII (1928-1929), 2, pp. 1033-1048.
[10] G. Muselli, Memorie istoriche, cronologiche, diplomatiche, canoniche e critiche del Capitolo della cattedrale di Verona, in Biblioteca Capitolare di Verona, mss DCCCXXXII-DCCCXLVI.
[11] I Manoscritti della Biblioteca Capitolare di Verona. Catalogo descrittivo redatto da don Antonio Spagnolo, a cura di S. Marchi, Verona 1996.
[12] In particolare: G.G. Dionisi, Apologetiche riflessioni sopra del fondamental privilegio a’ canonici di Verona concesso dal vescovo Ratoldo l’anno 813, 24 giugno concesso, fatto da loro incidere sopra di un rame, e pubblicato in gran foglio. Vi s’aggiunge uno spicilegio di documenti tratti dal capitolare archivio, e d’inscrizioni del museo Moscardi…, Verona 1755, G.G. Dionisi, De due Uldarici nella chiesa di Trento…, Verona 1760; G.G. Dionisi, De duobus episcopis Aldone et Notingo veronensis ecclesiae assertis et vindicatis dissertatio. Additur Veronensis agri topographia, eiusdem expositio, nonnullorumque documentorum Capituli Veronensis collectio…, Verona 1758; G.G. Dionisi, Dell’origine e dei progressi della zecca in Verona…, Verona 1776.
[13] Si pensi al numero di documenti riportati, per esempio, da G.B. Biancolini, Notizie storiche delle chiese di Verona, Verona 1749-1771 (rist. an. Bologna, s.d.).
[14] A. Canobbio, Registro dell’Archivio capitolare, in Biblioteca Capitolare di Verona, ms dcclxvii.
[15] Sono esclusi dai regesti Da Re, di fatto, solo i documenti pervenuti all’Archivio di Stato di Verona da Venezia nel 1964 e qualche altro fondo minore acquisito in tempi recenti (per esempio Cartolari e Dionisi-Piomarta). Sull’opera di Gaetano Da Re si rimanda a L. Simeoni, Gaetano Da Re, «Atti dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona», s. V, X (1932), pp. 59-71.
[16] Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Direzione generale per gli archivi, Istituto Centrale per gli Archivi, SAN Sistema archivistico nazionale ‹http://san.beniculturali.it/web/san/home›; SIUSA. Sistema informativo unificato per le Soprintendenze archivistiche ‹http://siusa.archivi.beniculturali.it/›; SIAS. Sistema informativo degli Archivi di Stato ‹http://www.archivi-sias.it/›. Si veda la recente panoramica in Strumenti di ricerca per gli archivi fra editoria tradizionale, digitale e in rete, a cura di F. Cavazzana Romanelli, S. Franzoi, D. Porcaro Massafra, Trento 2012 ‹http://www.trentinocultura.net/doc/soggetti/pat/beni_libr_arch/strumenti_di_ricerca.pdf›e in particolare la sintesi di A.B. Ciddio – M. Taglioli – G. Di Tota, Inventari di archivi nella rete. Il sistema informativo unificato per le Soprintendenze archivistiche - SIUSA, alle pp. 131-139.
[17] International Council on Archives, ISAD(G): General International Standard Archival Description, 2nd edition, ‹http://www.ica.org/10207/standards/isadg-general-international-standard-archival-description-second-edition.html›; ISAAR (CPF): international standard archival authority record for corporate bodies persons and families, 2nd edition, ‹http://www.ica.org/10203/standards/isaar-cpf-international-standard-archival-authority-record-for-corporate-bodies-persons-and-families-2nd-edition.html›; ISDIAH: International standard for describing institutions with archival holdings, ‹http://www.ica.org/10198/standards/isdiah-international-standard-for-describing-institutions-with-archival-holdings.html›.
[18] Per una visione d’insieme dei fondi si rimanda a Archivio di Stato di Verona, a cura di L. Castellazzi, in Guida generale degli Archivi di Stato italiani, iv, Roma 1994, pp. 1242-1323 [versione digitale: ‹http://www.guidageneralearchivistato.beniculturali.it/›].
[19] A. Bertoldi, Gli antichi archivi veronesi annessi alla Biblioteca comunale, «Archivio Veneto», X (1875), 1, pp. 1-27 (dell’estratto); V. Fainelli, Gli “antichi archivi veronesi” annessi alla Biblioteca comunale (dalle origini dell’istituzione al 1943), «Atti dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona», s. VI, X (1958-1959), pp. 1-57 (dell’estratto).
[20] G. Zivelonghi, Strumenti e spunti di ricerca nei documenti dell’Archivio Capitolare di Verona, in Verona dalla caduta dei Carolingi al libero comune, atti del Convegno del 24-26 maggio 1985, Verona 1987, pp. 117-176; le vicende del riordino sono descritte in G. Turrini, Diari, a cura di S. Agostini, Verona 1998.
[21] P. Cenci, L’archivio della Cancelleria della Nunziatura Veneta, in Miscellanea Francesco Erhle. Scritti di storia e paleografia, V, Biblioteca ed archivio vaticano. Biblioteche diverse, Roma 1924 [Studi e testi, 41], pp. 273-330.
[22] Quest’ultimo era stato ordinato verosimilmente prima della soppressione dell’ente da tale padre Bonifacio: Repertorius scripturarum monasterii Sancti Leonardi Verone, in Archivio di Stato di Verona, San Leonardo in Monte, Registri, b. 4, n. 30.
[23] J. Cupitt, K. Martinez, J. Padfield, Vips, ‹http://www.vips.ecs.soton.ac.uk/index.php?title=VIPS›.
[24] TSR Software, TSR Watermark Image, ‹http://www.watermark-image.com/›.
[25] R. Pillay, IIPImage, ‹http://iipimage.sourceforge.net/›.
[26] Si veda la sintesi in D. Pitzalis, R. Pillay, Il sistema IIPImage: un nuovo concetto di esplorazione di immagini ad alta risoluzione, in «Archeologia e Calcolatori», suppl. 2 (2009), pp. 239-244, ‹http://soi.cnr.it/archcalc/indice/Suppl_2/22_Pitzalis_et_al.pdf›
[27] P. Auer, Normativa ICCD per l’acquisizione delle immagini fotografiche, in La riproduzione dei documenti d’archivio. Fotografia chimica e digitale. Atti del Seminario, Roma 11 dicembre 1997, Roma 1999, pp. 96-105.